Si è concluso ieri sera l'esperimento di "Da grande": il varietà che ha segnato l'arrivo di Alessandro Cattelan sull'austera ed ultrasessantenne Rai Uno, con il compito di avvivinare i giovani alla televisione generalista.
Con un dato medio di poco più del 12% di share e ascolti di poco sopra i due milioni possiamo definire le due serate come uno dei varietà meno visti della storia della Rai.
L'idea del programma era anche molto avvincente (in una televisione fatta di scopiazzamenti e riproposizione di vecchie idee passate): indagare attraverso i vari ospiti in quale frangente della loro vita si sono sentiti veramente "grandi" (perchè un conto è diventare adulti a 18 anni, un altro è diventare consapevolvemente grandi).
Questo programma voleva parlare (o almeno quello era l'intento) direttamente alla generazione di chi è nato negli anni 80 (la famosa generazione di eterni ragazzini) e che in questo decennio si appresta ad entrare nei primi 40 anni di vita, ma anche alla generazione di chi è nato negli anni 90 e nei primi anni 2000 i quali stanno cercando di impostare la loro vita con mille difficoltà.
Le intenzioni erano queste ma cosa è diventato realmente "Da grande"?
Come tutti i programmi della televisione generalista si è peccato di scarsa innovazione e durata. Se nelle televisioni di tutto il mondo occidentale si sta riducendo la durata dei programmi, in Italia continua il vizio di fare trasmissioni da 3 ore che (con la pubblicità) diventano 3 ore e mezza (un sequestro di persona piuttosto che un leggero intrattenimento).
La poca innovazione sta nel fatto che invece di un viaggio nel mondo delle persone diventate "grandi", da un lato è diventato il solito cazzeggio alla Cattelan visto e stravisto nel suo late show di Sky Uno (che già di per se mostrava delle pecche) e dall'altro c'è sempre lo zampino di qualche autore/funzionario Rai che cerca di inserire il marchettone al programma / fiction Rai di turno (questa volta è toccato ai Soliti Ignoti e Don Matteo).
Il risultato auditel è stato impietoso facendo risultare il programma come uno dei varietà meno visti nella storia della Rai. Il dato è ancora più pesante se consideriamo il grosso investimento che la Rai ha fatto nella produzione e promozione dello show.
E non è neanche il successo della Nazionale di Pallavolo nella prima puntata ad aver offuscato il programma di Cattelan (come in molti hanno commentato) in quanto su Canale 5 l'ultratrentennale Scherzi a parte ha ottenuto e sta continuando ad ottenere risultati lusinghieri.
È stato un programma pensato bene ma scritto male e sopratutto programmato peggio (con una durata differente su un altra rete, in un giorno diverso in una fascia oraria diversa sarebbe andata molto meglio)
Infine due paroline su Alessandro Cattelan che anche se non l'ha data a vedere gli rode parecchio. Ancora in molti lo considerano un conduttore emergente, nonostante la su carriera televisiva è cominciata più di 20 anni fa: prima su VIVA (emittente musicale antesignana dell'attuale canale Nove), poi su MTV, successivamente su Rai Due alla corte di Simona Ventura ed infine su Sky dove si è occupato dell'intrattenimento in generale senza avere l'assillo dell'audience.
Io non credo che la carriera sulla generalista per Cattelan sia finita. Lo ritengo il più adatto a condurre il prossimo Eurovision Song Contest che si terrà in Italia. Tuttavia lo ritengo ancora inadeguato ad un grande evento come il Festival di Sanremo o un grande show di prima serata e ciò lo dico non per un fatto anagrafico. Fabio Fazio ha condotto il suo primo Festival di Sanremo a 34 anni e già allora era considerato come uno dei principali conduttori televisivi della TV generalista. Cattelan è ancora visto come il ragazzino emergente che gioca a fare la TV (nonostante l'esperienza ventennale di video) tuttavia senza prenderla sul serio.
Credo piuttosto che il conduttore tortonese debba decidere cosa vuol fare realmente da grande, magari dopo aver fatto un bel bagno di umiltà.
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