Videolina si compra Sardegna Uno. Una panoramica sullo stato del sistema mediale isolano

La notizia è di pochi giorni fa e non è passata inosservata agli addetti ai lavori ed appassionati. Stando alle indiscrezioni sembrerebbe che Sardegna Uno (una delle principali emittenti televisive della Sardegna, nonché diretta concorrente di Videolina) sarà rilevata da Sergio Zuncheddu: attuale editore de l'Unione Sarda, nonché delle due principali emittenti regionali sarde Videolina e TCS.

Questa acquisizione è il frutto di una gestione scellerata di Sardegna Uno che negli anni è stata impoverita, poi indebitata e negli ultimi mesi ha rischiato un fallimento.

Con l'acquisizione da parte di Zuncheddu si potrebbero (il condizionale parlando di emittenza locale è d'obbligo) salvare le professionalità della storica emittente cagliaritana ma si creerebbe una posizione di monopolio unica in Italia (le uniche tre televisioni a livello regionale nelle mani di un solo editore). L'occasione è ghiotta per fare una piccola panoramica della situazione del sistema mediale (non più florido) della Sardegna.

Carta stampata

Il mercato della carta stampata è detenuto da due “grandi” colossi: L'Unione Sarda (molto forte nella Sardegna meridionale) e La Nuova Sardegna (altrettanto forte nella Sardegna settentrionale e centrale). Se L'Unione Sarda, nonostante i suoi anni di crisi e il progressivo impoverimento del giornale può sempre contare su un editore molto forte e del supporto di Videolina (da lustri ormai parte del gruppo editoriale), non si può dire lo stesso per La Nuova Sardegna. Punta di diamante della stampa locale del gruppo Espresso, dopo l'incorporazione del giornale nel gruppo GEDI, lo storico quotidiano sassarese è stato dato in affitto di gestione alla DB Information (il contratto doveva essere di tre anni che poi sono diventati cinque). E nonostante il giornale faccia ancora oggi degli utili, il gruppo GEDI (il quale non può più detenere il giornale a causa della posizione dominante nel mercato della stampa) non riesce a vendere definitivamente la testata.

Stampa sul web

La stampa locale sul web è quella che se la passa peggio. Tutti noi siamo abituati a leggere le notizie locali dai siti web di informazione sia per la rapidità che per la gratuità degli stessi. Quella dei giornali online sembra essere una moda (solo ad Alghero si contano 8 testate online di informazione).

Spesso sono gestite da un solo pubblicista (di cui è anche il direttore) nel migliore dei casi coadiuvato da qualche ragazzo desideroso di ottenere il tesserino da pubblicista che poi diverrà editore/direttore di un altro giornale online. Gli articoli spesso sono scopiazzati (e neanche rielaborati) dai comunicati stampa e si somigliano gli uni con gli altri. Non ci sono inchieste e capita spesso che nonostante la moltitudine di testate non si riesce a coprire mediaticamente gli eventi di una piccola città.
Molto spesso questi giornali navigano sotto la protezione di curia, imprenditori e gruppi politici, quindi possiamo capire che la libertà non è sempre garantita.

Radio e televisione

L'emittenza televisiva locale sarda pur non essendo mai stata numerosa, sino a qualche anno fa era di grande qualità. Basti citare Sardegna Canta su Videolina, Per la strada e le trasmissioni sul folklore di Giuliano Marongiu su Sardegna Uno, Zona franca su TCS, gli speciali e le dirette de Sa Sartiglia su Nova Televisione e le trasmissioni di Paul Dessanti su Teleregione.
La crisi dell'emittenza locale è cominciata da ben prima del passaggio al digitale terrestre nel 2008 ma fu causata dalla mancanza di idee, dalla poca lungimiranza di alcuni editori e di mancati investimenti tecnologici (alcune emittenti della Sardegna trasmettono ancora oggi nell'ormai obsoleto formato 4/3). Le piccole tv cittadine spesso sono gestite da 2 o 3 giornalisti che per quella tv fanno anche da cameraman e da tecnici.

Ormai l'unica emittente sarda che riesce ad avere un buon palinsesto è Videolina (pur non avendo una grandissima concorrenza) anche se in più occasioni ha dimostrato di essere una "Tele Cagliari" piuttosto che una vera televisione dei sardi.

Con il prossimo acquisto da parte di Zuncheddu ci sarà una situazione di quasi monopolio molto preoccupante. Se si riusciranno a garantire i livelli occupazionali (già ridotti al minimo) sarà tanto di guadagnato, anche se questa acquisizione ricorda molto il pesce grande che mangia il pesce piccolo in attesa di venir inghiottito da uno squalo.

Credo che il problema dell'emittenza locale sia normativo. Si è pensato per anni di rimpinguare le casse delle emittenti con contributi pubblici a raffica.

La situazione a livello radiofonico è identica. Molte piccole radio locali tirano a campare trasmettendo delle rotazioni musicali o qualche programma preconfezionato altrove e ritrasmesso. Mancano i dibattiti, mancano le sperimentazioni musicali così come mancano le opinioni di chi dovrebbe far vivere la radio. E tutto ciò è preoccupante in quanto stiamo parlando di un medium che in questi anni sta vivendo una seconda giovinezza.

Il problema è normativo e culturale

La legge Mammì del 1990 di riordino del sistema radiotelevisivo italiano sega di fatto le possibilità di crescita all'emittenza locale. La suddetta legge prevede l'esistenza di due categorie di emittenti: la televisione commerciale (come può essere Canale 5 ma anche Videolina) oppure la televisione comunitaria. Le televisioni comunitarie (essendo paragonate a delle società senza scopo di lucro) hanno il vantaggio di avere dei vincoli di bilancio molto più morbidi rispetto ad una televisione commerciale, tuttavia c'è anche un grosso limite alla raccolta pubblicitaria.

Queste emittenti sono gestite in costante perdita ma rimangono in attività solo grazie al sostegno economico di curie, editori palazzinari, imprenditori di altro genere e politici che hanno un bisogno disperato dell'attività della stessa emittente (seppur in perdita) pur di aver consenso attorno al loro core businnes.

La soluzione poteva essere (la riforma andava fatta almeno 20 anni fa) la creazione di una terza tipologia di televisione (riservata alle locali) che si poneva tra la televisione commerciale e quella comunitaria. In questo modo si sarebbe consentito all'emittenza locale (che in molti casi fa vero servizio pubblico) di avere delle entrate pubblicitarie decenti, sgravi fiscali e dei vincoli di bilancio più morbidi.

Paragonare dal punto di vista economico una televisione commerciale locale con un grande network
nazionale (magari di proprietà di una multinazionale del settore) è stata una follia e nessuno dei responsabili di tale scempio ha avuto il coraggio di ammetterlo.

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