Povero Enrico Letta! Non lo invidio proprio. È l'unico vincitore in questa tornata elettorale; ha ridato vita ad un Partito Democratico dato negli ultimi anni come morto; è riuscito ad ottenere un seggio alla Camera dei Deputati ma forse forse in cuor suo dediderava di perdere queste elezioni per tornare alla carriera di professore universitario in Francia (ruolo un po' dietro le quinte ma con meno rogne) e lasciare ad altri la patata rovente della segreteria del PD.
Invece ha vinto le elezioni e non può nemmeno permettersi il lusso di festeggiare in quanto strattonato da più parti e minacciato di "siluramento" al congresso o alla prossima tornata elettorale (curioso che in un paese considerato "poco democratico" si voti a cadenza ormai semestrale).Il Partito democratico non è mai stato un partito, ma un contenitore di varie correnti in lotta tra di loro per la leadership. Il segretario dovrebbe far sintesi tra le varie "anime" ed offrire una politica comune ma spesso viene utilizzato come capro espiatorio per gli eventuali insuccessi elettorali o politici.
Letta ha vinto questa tornata elettorale ma ancora oggi viene "minacciato" dalle varie correnti ed anime del centrosinistra e di parte del centro che oggi gli liscia il pelo ma un domani potrebbe fargli le scarpe.
Proprio per questo tocca a Letta decidere come impostare il Partito Democratico: o su una via socialdemocratica, ampiamente condivisa dai 5 Stelle, Conte e Leu (formula vincente in questa tornata elettorale); oppure seguendo i liberali cattocomunisti (pericolosi tanto quanto i sovranisti) capitanati dai vari Calenda, Renzi e transfughi di Forza Italia alla ricerca di un posto al sole dopo il progressivo disimpegno di Berlusconi dalla politica. Quest'ultima visione politica ha causato la debacle del 2018.
Non può più esistere una terza via che coniugi liberalismo con la socialdemocrazia.
Nessun commento:
Posta un commento