Accade 5 anni fa: l'abbandono (mai avvenuto) della politica da parte di Matteo Renzi

"Se perdo il referendum lascio la politica" Parole non mie ma dell'allora presidente del consiglio e segretario del Partito Democratico Matteo Renzi il quale in uno dei suoi tanti deliri di onnipotenza (al tempo molto frequenti in quanto era oggetto di numerose sviolinate dalla stampa) decise di personalizzare eccessivamente un referendum costituzionale di cui si sapeva ben poco e si cui molti italiani non erano nemmeno tanto informati.

La strategia di personalizzazione ha avuto un effetto boomerang. Contro ogni previsione della stampa e dei sondaggisti (ci sarebbe da interrogarsi sulle modalità dei sondaggi politici) stravince il NO.
La riforma costituzionale viene respinta, Renzi sembra dar atto alla sua promessa di abbandonare la politica e rassegna le dimissioni sia da Presidente del Consiglio che da segretario del PD.
Pochi mesi dopo il Matteuccio di Rignano tradisce la sua promessa ridiventando segretario del Partito Democratico e spedendo il partito del centro sinistra al massacro delle elezioni del 2018 dove tocca il minimo storico.

Renzi non abbandona la politica anzi! Diventa parlamentare, precisamente nello stesso Senato che lui stesso voleva abolire, fa saltare le trattative tra  PD e 5 Stelle per far nascere un nuovo governo, spedendo i pentastellati tra le braccia della Lega. Dopo un anno promuove la nascita del secondo Governo Conte e ne scatena la crisi in piena pandemia, portando alla nascita del Governo Draghi.

Intanto fonda un nuovo partito di centro che a detta dei giornaloni e dei sondaggisti doveva raccogliere almeno un 10% prevalentemente da delusi dal PD e dei 5 Stelle, ma nella realtà non raccoglie più del 2%.

Il resto è storia nota. Nella sua insignificanza Renzi condiziona ancora oggi la politica. Tiene per le "palle" l'intero arco parlamentare, viene osannato da establishment, stampa e utenti di Twitter, mentre fuori è odiato da quasi tutti gli altri partiti (PD in primis) e dagli elettori i quali lo considerano il leader politico meno affidabile tra i tanti presenti.

Già da quanto era sindaco di Firenze Matteo Renzi peccava di presunzione; da quando ha perso il referendum costituzionale ed è stato definitivamente smascherato il suo bluff pecca pure di livore. Ogni qual volta viene intervistato ne ha da dire su chiunque. Ormai l'insulto e il piagnisteo sono il suoi marchi di fabbrica. Contro il PD che stranamente segue una linea che è differente da quella di Renzi, contro i 5 Stelle considerati incapaci, contro certa stampa che giustamente si fa domande (anche sui suoi incarichi in Arabia Saudita), contro la magistratura che indaga su di lui e contro i cittadini colpevoli di non aver compreso il suo genio.

Renzi incarna quella che è stata la speranza della politica (alla rottamazione e al rinovo della politica ci abbiamo creduto un po' tutti) e sopratutto la delusione (quando abbiamo scoperto che la politica dopo il suo passaggio è pure peggiorata). Sarà molto difficile liberarci di questo persanaggio. Probabilmente diventerà il nuovo Mastella (il quale contribuiva a far nascere i Governi e a farli fallire). Tuttavia il fatto che sia particolarmente odiato dai tre quarti dell'attuale politica italiana fa ben sperare in una sua irrilevanza futura.

Intanto festeggiamo questo quinto anniversario, che non è più quello del suo abbandono (mai avvenuto) della politica ma quello in cui il suo bluff viene definitivamente smascherato.

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