La crisi dello streaming: Il giochino si è rotto?



Ma vi ricordate quando nel 2015 arrivò nel nostro paese a gran voce Netflix e tutti preannunciarono il funerale prematuro della televisione generalista? Sette anni dopo Rai e Mediaset dominano gli ascolti, Sky conserva i suoi abbonati storici (nonostante l'assenza del calcio), mentre i servizi di streaming che negli anni si sono moltiplicati come funghi cominciano ad avere le prime crisi di identità dalle quali sarà molto difficile riprendersi. 

Netflix era stata annunciata come una rivoluzione. Per pochi euro al mese si offriva un catalogo sterminato di film, telefilm, documentari e programmi per ragazzi in grado di soddisfare tutti. La possibilità di condividere l’abbonamento rendeva il costo davvero contenuto e gli accordi con le major rendevano il pacchetto molto interessante. I colossi della televisione stavano già rispondendo con le stesse armi creando essi stessi il proprio servizio di streaming con i propri titoli da contrapporre agli altri. 
Dieci anni fa Netflix era un'isola; ora si trova in un arcipelago dove sono sorti numerosi servizi di straming (Prime Video, Hulu, Disney plus e tanti altri). Tutti questi promettono un vasto catalogo di titoli per una spesa irrisoria. 

Negli anni siamo diventati dei divoratori di serie televisive (in molti casi di dubbio gusto); nelle nostre conversazioni l'argomento serie tv è diventato preponderante. 

Negli ultimi mesi si sta parlando di una crisi dei servizi di streaming a causa del calo degli abbonamenti da parte della regina delle piattaforme di streaming ovvero Netflix. I dirigenti per colmare le perdite hanno deciso scaricare le perdite  sugli utenti aumentando il costo dei piani di abbonamento.


Le cause

La crisi dello streaming video è il frutto di una serie di concause:

1. Troppa offerta: Se il limite della televisione generalista è la scarsità delle proposte e la mancanza di una vera e propria concorrenza (le emittenti si copiano i programmi e i personaggi), nei servizi di streaming la troppa offerta è anch’esso un limite. L’utente appena apre la home di Netflix e Disney + si ritrova davanti ad una marea di titoli (alcuni belli, altri inguardabili) nei quali non sa neanche cosa scegliere.

Ho assistito pochi giorni fa ad una conversazione aberrante: si discuteva di serie tv viste e non viste (il tenore della discussione era sulle serie che si erano viste o meno, non sulla trama o i contenuti); ad un certo punto una ragazza chiede ad un signore se aveva visto una tale serie di cui non ricordo il nome: lui risponde di si ma non ricordava nemmeno la trama perché infondo "di serie ne vede a iosa".

2. Mancata serializzazione: La maggior parte delle serie televisive pensate per queste piattaforme non hanno una lunga serializzazione. Spesso molte di queste  non vanno oltre la prima stagione. La tanto bistrattata Rai grazie alla lunga serializzazione continua a fare grandissimi ascolti con telefilm nati nella fine degli anni 90 e ancora oggi in onda. 

3. Connessioni scadenti: Non giriamoci troppo attorno. Oggi si parla di fibra ottica ad un giga di velocità e tecnologia 5G, ma buona parte dei contesti rurali del nostro paese (la maggior parte degli italiani vive in località con meno di 15 mila abitanti) ancora oggi non dispone di connessioni ad alta velocità. In alcune zone del centro di Sassari si incontrano grossi problemi nel fare una telefonata col cellulare. Il non poter disporre di connessioni ad alta velocità è un grosso impedimento per i servizi di streaming (il disastro di DAZN con il calcio lo dimostra), senza considerare l'ampia fetta di over 60 che ancora dipende affettivamente dalla televisione lineare.

3. Troppa frammentazione: E' snervante dover scartabellare tutte le piattaforme di streaming per trovare il titolo che si cercava. Al suo arrivo in Italia, Netflix era un grande raccoglitore di titoli provenienti da varie case di produzione (major ed indipendenti). Quando la concorrenza si è fatta sentire i raccoglitori si sono svuotati. 
Se un utente è un appassionato di un determinato genere o di un determinato attore vorrebbe vedere tutti i suoi film e serie tv su una, massimo due piattaforme e non essere "costretto" ad abbonarsi a dieci differenti piattaforme.

Applichiamo questo discorso al calcio o alla musica. Se il tifoso di una determinata squadra dovesse sottoscrivere 4 diversi abbonamenti per vedere tutte le partite della sua squadra del cuore (ai quali poi è costretto ad abbonarsi ad altri servizi che neanche considera), troverebbe più economico andare direttamente allo stadio.
 
Musicalmente parlando se il fan di un cantante si ritrova una parte dei suoi album in una prima piattaforma, un altra parte in una seconda ed un'altra parte ancora in una terza piattaforma si può intuire facilmente che il sistema non durerebbe a lungo. 

Pensare di abbattere la pirateria frammentando eccessivamente l'offerta su più piattaforme è un eresia.

5. Costi: La forza di Netflix era la sua economicità. Negli anni i contenuti delle major sono calati e frammentati su più piattaforme, i costi sono cresciuti ed infine si sta pensando alla possibilità di limitare la condivisione degli account. Oggi se un utente vuole usufruire delle principali piattaforme di streaming presenti nel nostro paese, deve prepararsi a sborsare una cifra che varia da 50 agli 80 euro al mese (molto più del caro e vecchio Sky). Una cifra spropositata in un'epoca dove molte famiglie fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena.

E' la fine?

Non credo che questa sarà la fine dei servizi di streaming: il mercato della televisione ha continue oscillazioni (la televisione generalista è stata considerata a più riprese morta), anche se una revisione del sistema attraverso una ridefinizione delle offerte ed una minore frammentazione dei contenuti sarà necessaria. E' impensabile andare avanti con decine di servizi di streaming: un sistema del genere si rivela caotico oltre che dispendioso. In più sarà necessario lavorare maggiormente sulla qualità dei prodotti piuttosto che sulla quantità: pochi prodotti, fatti bene e puntare molto sull'archivio!

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