La vera storia dello Skatepark di Sassari -seconda parte-

Secondo appuntamento de: "La vera storia dello skatepark di Sassari" con il quale si sviscera la tormentata storia dell'impianto di skateboard e pattinaggio presente a Sassari, dalle tante petizioni per la sua costruzione alle varie polemiche susseguitesi negli anni successivi.

Nella prima parte abbiamo analizzato come nei primi anni 2000 lo skateboarding diventò uno sport molto popolare anche in terra sarda e necessitavano delle strutture idonee alla sua pratica. Grazie a delle petizioni, a dei comitati e anche a delle giunte comunali lungimiranti anche Sassari si è potuta dotare di uno dei migliori skatepark presenti in Italia.

Cosa succede nei mesi a seguire?

Siamo nel maggio 2014. L'impianto è da poco ultimato e il Comune per non perdere tempo (e anche per evitare probabili atti vandalici) decide di assegnare provvisoriamente l'impianto (come da deliberazione 1289 del 6 maggio 2014) all'unica associazione sportiva presente in città che si occupa di skateboarding (la Skate Bike Roller). Il compito a cui questa associazione è chiamata è semplice. Aprire l'impianto, mantenerlo funzionante, tenerlo pulito, garantire una sua fruizione, fare la guardiania ed evitare che chi si serve delle piste si ammazzi.

Proprio qui nacque il primo problema. Se un ragazzino si fa male i responsabili (penalmente e civilmente) sono i gestori della struttura. Pensare ad un'assicurazione collettiva per tutti coloro che frequentano la struttura è impensabile. Una soluzione sembra essere quella dell'assicurazione individuale annuale. Chi utilizza l'impianto paga una tessera assicurativa annuale da 20 euro. In questo modo il malcapitato skater che dovesse infortunarsi può rivalersi sull'assicurazione.

Intanto l'attività all'interno dello skatepark comincia. Molti curiosi cominciano a skateare, vengono organizzati alcuni eventi che hanno visto la presenza di molti skater da tutta la Sardegna. Nel frattempo vengono anche istituiti dei corsi per principianti per bambini, ragazzi e adulti. Apro una parentesi: So che molti skater sono contro le scuole di skateboarding; tuttavia credo che queste (almeno nella fase iniziale) siano fondamentali per sbloccare la timidezza e la paura che chiunque può avere nell'affrontare uno sport ancora oggi classificato come "estremo" (ma questa è un altra storia).

Nel frattempo anche la politica cerca di capire se la gestione dell'impianto sia trasparente. In quei mesi un consigliere comunale denuncia come l'associazione gestisca l'impianto in modo privatistico, pretendendo una tariffa d'ingresso. Come se non bastasse si va ad insinuare un presunto conflitto di interessi in quanto un dirigente dell'associazione è un parente di un ex assessore comunale.

La polemica viene subito spenta una volta spiegato che
1) La tariffa di ingresso è un'assicurazione infortunistica;
2) Quando fu assegnato provvisoriamente l'impianto (maggio 2014) non era presente nè un assessore nè un sindaco in quanto la città di Sassari era commissariata da qualche mese.

L'assessore allo sport del Comune di Sassari fece presente che si stava finalmente predisponendo il bando per la gestione di sei anni della struttura.

Siamo nell'estate 2015. Il Comune pubblica finalmente il bando per la gestione dello skatepark. Concessione della durata di sei anni, con delle regole scritte e con un tariffario da applicare.
Nello stesso periodo viene postato su Youtube un video registrato da uno skater della zona (Enrico Carta) nel quale si accusa l'associazione che in quel periodo gestiva lo skatepark di:
1) Pretendere delle tariffe di ingresso;
2) Aprire lo skatepark per poche ore al giorno;
3) Tenere chiuso lo skatepark un giorno a settimana;
4) Allontanare le persone dallo skatepark
5) Aver ridotto l'utenza media a 5 persone al giorno.

Inoltre viene di nuovo riportata a galla la vecchia polemica riguardante le presunta raccomandazione politica ricevuta per ottenere la gestione della struttura.

Il video diventa virale. sui social comincia una shitstorm (letteralmente tempesta di merda) nei confronti dell'associazione che gestisce il parco, rea di una serie di comportamenti scorretti che hanno allontanato molte persone dallo skateboarding. Anche le testate specializzate online dedicarono ampio risalto all'accaduto senza però aver concesso diritto di replica alle persone accusate.

La protesta è culminata con una petizione firmata da oltre 500 persone tra skater e (chi non aveva mai visto una tavola in vita sua) e una plateale protesta davanti agli uffici dell'assessorato allo sport (il tutto sempre davanti agli occhi di telecamere e reporter).

L'obiettivo della protesta? Fermare il bando e prevedere un'autogestione dell'impianto così come accade in molti skatepark d'Italia: un #freeskateparkss come bonariamente chiamarono la loro protesta. Il Comune decise solo per una proroga dei termini di presentazione delle domande per la gestione.

La Skate Bike Roller che fino ad allora gestiva lo skatepark (seppur provvisoriamente), dopo giorni di attacchi da più parti decise di rispondere alle accuse sostenendo che:
1. I costi denunciati sono solo per l'assicurazione;
2. Lo skatepark è aperto per sei ore al giorno (al contrario delle quattro ore denunciate) e gli orari sono stati "regolati" in base alle richieste dei frequentatori;
3. Lo skatepark viene chiuso il mercoledì per permettere la pulizia dell'impianto dai numerosi atti vandalici subiti (casualmente intensificatisi in quel periodo) e culminati con il furto di un gruppo elettrogeno;
4. Chi è stato allontanato dallo skatepark è perchè faceva del bullismo nei confronti dei bambini che frequentavano la scuola di skateboarding;
5. L'utenza media (come documentato da una serie di foto e video presenti sulla rete) era nettamente superiore alle 5 persone.

L'estate del 2015 per gli skater sassaresi è stata contrassegnata da questa "guerra". Il giornale locale ci ha sguazzato ampiamente ed il risultato fu uno solo: la divisione degli skater tra puri e meno puri. Si crearono due fazioni: Chi sosteneva che una struttura come lo skatepark ha bisogno di una gestione e delle regole e chi invece chiedeva uno skatepark totalmente libero da cancelli, orari di apertura, tessere e regole.

È in quel clima da guerriglia che cominciai a muovere i miei primi passi sopra lo skateboard. Nonostante Enrico Carta sostenga in quel video virale come l'utenza fosse molto ridotta, ricordo che molte di quelle persone che contestavano l'operato della Skate Bike Roller si recavano allo skatepark con il solo intendo di disturbare chi skateava (me compreso, di cui poco importava della "guerra" tra skater e sperava in una riconciliazione tra le parti).

Arrivò l'autunno e la gara di gestione dell'impianto andò in porto. Contrariamente a quanto si pensava non è la Skate Bike Roller ad ottenere la concessione. A vincere la gara di affidamento di 6 anni fu il Centro Sportivo Italiano (un'importante ente di promozione sportiva di stampo cattolico), con il quale guardacaso il prode Enrico Carta (contrario ad ogni tipo di gestione) ed altri personaggi contrari alle gestioni si ritrovano a collaborare.

Con questo colpo di scena si conclude la seconda parte de "La vera storia dello skatepark di Sassari". Nella prossima puntata si analizzerà la gestione dello Skatepark di Sassari da parte del Centro Sportivo Italiano, delle nuove polemiche e di un'inaspettata decisione da parte dello stesso ente di promozione sportiva ad un anno dalla scadenza della concessione.

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