I 20 anni di La7. Storia del nanetto televisivo che desiderava diventare grande. Terza parte: La narcotizzazione della rete

Terzo appuntamento de: I 20 anni di La7. Un racconto nel quale verrà ripercorsa la storia dell’emittente, le varie epoche che la rete ha vissuto, i cambiamenti e le vicissitudini che ha subito, arrivando agli anni recenti nei quali l'emittente è riuscita ad imporsi come una voce attendibile ed imparziale sull'attualità e sulla politica.

Nella puntata precedente è stato raccontato come la nascita di una rete giovane e di opposizione aveva spaventato i competitors di Rai e Mediaset ma anche il governo appena insediatosi il quale vedeva in La7 un potenziale nemico. 

In questo appuntamento si approfondirà la gestione di La7 in seguito all'acquisizione di Telecom Italia da parte di Marco Tronchetti Provera. È già dall'autunno del 2001 che i progetti su La7 saranno ridiscussi, gli investimenti ridotti, gli show già venduti agli inserzionisti cancellati, arrivando ad una trasformazione dell'emittente in una sorta di all news all'italiana.

2002 - 2004: Una TV narcotizzata e ininfluente

A poche settimane dal lancio di La7, nel bel mezzo dell’estate del 2001, Marco Tronchetti Provera (grazie anche all’apporto finanziario della famiglia Benetton), attraverso un assegno da 14 mila miliardi di lire, riesce a diventare il nuovo proprietario di Telecom Italia e Seat Pagine Gialle (e quindi l'editrore di La7) archiviando definitivamente l’era appena cominciata di Colaninno e Pellicioli. Amministratore delegato di Telecom Italia diventa Enrico Bondi, il quale dopo aver analizzato la situazione dell’emittente appena varata sostiene che il progetto di La7 è troppo rischioso: si rischia una spesa di mille miliardi di lire l’anno per ottenere un risultato di ascolto nella migliore delle ipotesi del 6-7% di share e per di più remando contro il nuovo Presidente del Consiglio che è anche il proprietario del primo polo televisivo privato nazionale (ovvero Mediaset).

Se per MTV (la seconda rete del gruppo Telecom Italia, nata dalle ceneri di TMC2 e gestita in join venture con l'editore internazionale Viacom), esistevano dei contratti in essere da rispettare con gli americani e dei format rigidi uguali per tutti i paesi, per La7 si aveva una maggiore libertà di azione.

Per La7, l’intenzione di Tronchetti Provera è quella di tagliare gli investimenti e di vendere al più presto l’emittente. Questo comporta l’immediato taglio delle spese con la conseguente cancellazione dello show di Fabio Fazio a pochi giorni dalla sua messa in onda, il mancato acquisto dei diritti di trasmissione della Coppa Italia e della serie A di Basket, un ridimensionamento de “Il Processo di Biscardi” e la cancellazione della serie tv “Queer as folk” (serie tv inglese di cui si era tanto parlato per la sua trattazione di temi riguardanti l’omosessualità). I tagli agli investimenti e le cancellazioni degli show più attesi e che più avrebbero fatto discutere, causa le dimissioni del direttore del telegiornale Gad Lerner: «Non sono uno straccione che vive di elemosina» dirà.

Una CNN all'amatriciana

L’obiettivo della proprietà (prima di vendere La7) era quello di riposizionare l’emittente trasformandola in un canale molto vicino al modello delle “all news” americane: una sorta di CNN all’amatriciana diranno i maligni. Una rete senza pretese di ascolto ma dai bassi costi. «La virata editoriale de La7 farà di certo piacere a Mediaset» commenterà sarcastico Pellicioli, colui che più di altri aveva creduto nel progetto di una rete giovane e controcorrente.

Sta di fatto che nell’autunno del 2001 l’emittente vive alla giornata con programmi a basso costo (in parte ereditati da TMC e dalla passata stagione estiva), vecchi film e telefilm, documentari e qualche speciale sulla crisi internazionale post 11 settembre, in attesa di un riposizionamento dell’emittente che avverrà nella primavera del 2002.

Direttore del telegiornale diventerà Nino Rizzo Nervo, mentre Gad Lerner (a cui viene chiesto invano di assumere la carica di direttore della nuova all news in chiaro) rimarrà all'interno dell'emittente come collaboratore esterno. Alla proposta della direzione dichiarerà «è un cambiamento sostanziale del progetto per cui ero venuto».

L’11 settembre del 2001 vengono ufficialmente annunciate alla stampa le intenzioni che il nuovo management di Telecom Italia ha su La7 e assieme alle torri gemelle di New York crolla anche l’idea di una nuova televisione giovane e controcorrente. Colaninno e Pellicioli si dimisero dalle rispettive cariche in Telecom Italia e Seat Pagine Gialle, mentre per La7 si fanno le prime indiscrezioni su eventuali acquirenti. Si parla di Caprotti (patron di Esselunga), il gruppo E.biscom del finanziare Francesco Micheli, Paolo Panerai (del gruppo Class Editori), DeAgostini ma anche lo stesso Pellicioli in uscita da Seat Pagine Gialle che (d’intesa con il gruppo DeAgostini) sembra essere intenzionato a ri-diventare editore a tutto tondo della sua creatura.

Il deciso taglio degli investimenti su La7 ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Rai e Mediaset, le quali avevano guardato con preoccupazione la nascita e le ambizioni del terzo polo televisivo; avevano inoltre impedito ai loro personaggi di andare ospiti nelle trasmissioni della neonata emittente e trattenuto altri (pronti ad aderire al progetto) al suon di contratti milionari. Archiviata la pratica molto onerosa delle liquidazioni per star e manager, per la rete non restava altro che vivacchiare in attesa di un nuovo piano industriale dell’emittente e di un nuovo compratore. Il nano che sognava di diventare grande era stato ufficialmente ammazzato.

Naturalmente la mossa di trasformare La7 in un canale "narcotizzato" senza pretese di ascolto dove prevale l’informazione non piacque né a Fazio né al vecchio management di rete, i quali dichiareranno che ciò che è successo a La7 fu un caso di eutanasia televisiva fatto per non remare contro il governo allora guidato dal proprietario di Mediaset. Neanche Gad Lerner (cui rimase come collaboratore della rete) fu contento del progetto e declinò l'offerta di diventare direttore della nuova rete. Al contrario Giuliano Ferrara si dimostrò molto entusiasta del progetto (al tempo inedito in Italia) di una rete all news in chiaro.

La nuova La7: la tv che vive nella realtà

La schermata che La7 trasmise il 17 marzo 2002
Alla fine del 2001 Telecom Italia giudicò le proposte di acquisto di La7 insoddisfacenti e decide di non vendere, tentando un rilancio dell’emittente terzopolista, completando il processo di trasformazione in un canale televisivo dedicato prevalentemente all’informazione e all'approfondimento. Nonostante le costanti perdite economiche a cui una televisione senza ambizioni andava incontro, Telecom Italia preferì tenere all’interno del gruppo La7, non solo per le proposte di acquisto poco soddisfacenti ma anche perché in quegli anni il possedere una televisione nazionale era come avere una pistola pronta a sparare in caso di aiuto per il core businnes dell’azienda. Tuttavia il tenerla “narcotizzata” era condizione necessaria per non disturbare troppo i manovratori di Palazzo Chigi.

Dopo una domenica passata a schermo nero, la mattina del 18 marzo 2002 esordì la nuova LA7 - La tv che vive nella realtà.
Un logo grigio (sullo stile dei loghi di Mediaset e Rai) introduceva "Omnibus": un contenitore di informazione che traghettava lo spettatore nei vari programmi della rete (per lo più approfondimenti giornalistici, vecchi film e telefilm, documentari) dalle 7.00 della mattina fino alle 19.45 della sera in aggiunta ad un appuntamento in seconda serata per gli aggiornamenti. Tutte le produzioni di intrattenimento del vecchio corso furono cancellate.

Della precedente gestione rimasero solo “Il processo di Biscardi” (il quale comunque nel suo basso costo garantiva sempre un buon ascolto) e il “Diario di guerra” di Giuliano Ferrara e Gad Lerner che con la nuova identità dell’emittente assunse il nome di “Otto e mezzo”.  Nella prima puntata di quello che divenne il talk di punta delle rete fu ospite Carlo Freccero e si discusse –ironia della sorte– dell’intreccio tra politica e televisione.

Tuttavia nel nuovo corso di La7 esordirono rubriche di documentari e divulgazione scientifica come “Atlantide” condotto da Andrea Purgatori, “Sfera” e “Stargate linea di confine” (trasmissione già sperimentata negli ultimi anni di Tele Monte Carlo).

Frame della sigla del TG La7
I nuovi programmi di approfondimento giornalistico Omnibus compreso (un buon 90% del palinsesto) erano sotto la direzione del telegiornale di La7 che nel frattempo aveva cambiato nuovamente direttore: da Nino Rizzo Nervo (sgradito al Ministro delle Comunicazioni Gasparri) al più moderato Giulio Giustiniani. Con un palinsesto quasi interamente sotto la direzione della testata giornalistica anche il direttore di rete Roberto Giovalli (l’ultimo baluardo di quella La7 che sognava di diventare grande) lasciò la direzione di rete ad Andrea Del Canuto

I consulenti di questa nuova fase di La7 hanno quasi tutti casualmente un passato in Mediaset, compreso Maurizio Costanzo, il quale nonostante un contratto con il "Biscione" faceva consulenze di comunicazione per il terzo polo televisivo. Nel 2003 inoltre cambiò la concessionaria pubblicitaria. Si passò da Mario Brugola (che nel 2001 tanto si era speso per convincere gli inserzionisti ad investire nei programmi controcorrente di La7) alla Cairo Pubblicità di Urbano Cairo (futuro editore della rete, anche lui con un passato in Mediaset).

In questo periodo che durerà fino al 2004, La7 è un emittente con un palinsesto dedicato in prevalenza all’informazione, che cerca di essere notata il meno possibile, con una copertura del segnale deficitaria, con uno scarso appeal ed un ascolto di poco superiore al 2% di share. Le cose cominceranno a cambiare con l’arrivo di Antonio Campo dall’Orto alla direzione di rete come si andrà ad analizzare nel prossimo appuntamento de I 20 anni di La7.

Se sei interessato alla storia di La7 puoi seguire la 

Prima parte; Seconda parte; Quarta parte; Quinta parte e Sesta parte

 

2 commenti:

  1. Eccoci qua.
    Poi man mano mi aggiorno leggendo le altre parti.
    Peccato davvero... La7 come rete giovane e controcorrente, di rottura, ci stava alla grande... ma a me diede l'impressione di non averci mai creduto sin dall'inizio...

    Moz-

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    1. Ciao Miki grazie della visita. Si anche il periodo era molto florido per una tv controcorrente.

      Al tempo anche a me diede l'impressione di non crederci fino in fondo (il segnale in Sardegna arrivava poco e male). Oggi è una fonte di informazione politica molto affidabile ma rimpiango molto quella La7 giovanile e controcorrente.

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